lunedì 11 aprile 2016

articolo per il SI- referendum 17 aprile - pubblicazione su La Grande Lucania aprile 2016

per contribuire alle ragioni del  SI   - referendum  17 aprile -  anche l'art pubblicato su  La Grande Lucania in libera distribuzione aprile 2016



vedi anche 
29 marzo 2016
IO MI FACCIO IN QUATTRO PER UN SÌ
Pubblicazione articolo su Comune-info.net (Roma)



e per lettura integrale: su blog  dal 3  marzo IO MI FACCIO IN 4 PER LA NATURA, E TU?


domenica 3 aprile 2016

Memorie di mia madre Rosaria 3 - Vecchi album -

 

PORTARE  MEMORIA - IL PARTO 

1 Parto: dalla sacralità all’impurità 

Madre: …le donne si andavano a far benedire quando nasceva una bambina, prima c’era l’uso e c’era ancora quando ho partorito io…
Intervistatore: E com’era quest’uso?
Madre: Eh, andavi là, facevi il segno della croce.. in nome del padre del figlio… l’acqua santa...
Figlia: E voi non vi chiedevate perché facevano questo?
Madre: No, si usava che la mamma doveva andare a benedirsi
Fi: Ma perché?
Ma:Boh! Chi l’ha mai domandato…. Dopo che era nato il bambino…
I.:Ma quanto tempo dopo, quanti giorni? Madre :   Forse un mese, due mesi….. non ricordo…

 
2 Parto naturale

A Castelmezzano, quando una donna doveva partorire, ci stavano medici, o levatrici?

M: C’era una levatrice, c’erano pure delle donne pratiche, una aveva fatto solo il corso di un anno; aveva solo la quinta elementare però ci sapeva fare. Quella ha preso i figli miei, non aveva cultura, ma aveva fatto la pratica.

F: C'era soltanto questa donna? M: Solo…Si chiamava Padula, Giuseppina Padula, il marito era un muratore, poi lei ha fatto studiare i figli. Poi in paese, sai che facevano, i poveri le regalavano delle cose, lei faceva partorire, se loro non la potevano pagare si faceva aiutare in campagna, gli faceva fare i servizi, sfruttare no, ma si faceva pagare in quel modo … Non aveva cultura, aveva fatto la pratica.

F:C’era solo questa Padula o c’erano anche delle altre?

M: Ai tempi miei c’era lei, prima invece c’erano due donne anziane che facevano queste cose, quando uno partoriva le chiamavano, che erano pratiche, cioè gli prendevano il piccininno, gli tagliavano il cordone, lo lavavano... se veniva bene veniva bene, gli levavano la placenta, tutto.

F: Cosa significa se gli andava bene, perché gli andava anche male…
M: Certo, dopo può venire l’emorragia…
F Ma era frequente che morivano?
M: No, io non me ne ricordo di esserne morti… era un parto normale, a Caposele è nato un fratello di Rosetta e mi ricordo che stavano porta a porta, a fianco a noi stava lei che il marito era assistente e hanno fatto 'sto figlio, una pratica e mia madre l’hanno assistita, non è successo niente, era il secondo o il terzo figlio.

 F: Ci hanno fato credere che il parto è come una malattia… 
M: No, no, no 

F: Come viene viene… E intanto la prima moglie, giovanissima, di mio nonno Michele, è morta di parto in ospedale, in America!  

M: ... e mia zia Rosina è nata per strada, loro stavano in campagna che tenevano la masseria e sono arrivati i dolori forti e quelli si sono incamminati, si sono messi a cavallo, a cavallo, eh! La strada tutta pietre, tutto brutto... Arrivati al punto che dovevano scendere nell’acqua per attraversare un ruscello, allora sono arrivati i dolori ed è iniziato a nascere il bambino; lei è scesa da cavallo, si è seduta a terra, credo l’avrà aiutata il marito, avrà avuto uno scialle, una coperta qualcosa e ha partorito là, quello ha preso il bambino, ha tagliato l’ombelico, ha acchiappato questo cordone ha tirato se n’è venuta la placenta ... ma quando non se ne viene ci sono i problemi…

 

 

 








Dalle Memorie di mia madre Rosaria, in forma d’intervista prolungata domenicale, alla fine degli anni ’90
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http://terivolini.blogspot.com/2016/04/memorie-di-mia-madre-rosaria-3-vecchi.html

Ho trascritto le conversazioni che - in forma d’intervista - proposi a mia madre Rosaria Santoro, verso la fine degli anni ‘90: nell’arco di due o tre anni, quando, nelle pause della mia faticosa ma fertile transumanza tra Basilicata e Lombardia - e non solo- ero sua ospite al pranzo domenicale, a Potenza

In realtà, fin da quando ero una ragazzina, mi avevano affascinato le sue narrazioni, di cui lei mi aveva fatto dono, accogliendole io con stupefatto e inesausto interessa; il suo racconto di vita mi faceva entrare in un mondo assai diverso da quello che vivevo nel quotidiano: tutto m’intrigava enormemente e di sicuro era per me una fonte di conoscenza e d’insegnamenti. Il tempo e gli eventi ad esso correlati mi sembravano straordinari e dilatati, e riuscivo a “vederli” come se li avessi vissuti io stessa.

A lei piaceva tantissimo raccontare, ed anche dire la sua sulla nostra società, e su qualsiasi argomento; accettò dunque volentieri la prolungata intervista, senza essere in alcun modo intimidita dalla registrazione, mostrando un’eccezionale padronanza nel parlare anche di argomenti delicati o “scabrosi”, con una freschezza e un’apertura mentale rarissima da trovare in una signora che andava verso i 90 anni. Le conversazioni sono state in seguito sbobinate, e meritano, a mio avviso, una più degna fortuna. Per adesso ne pubblico qualche segmento.